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Subire o combattere? Sempre meglio la seconda

In questi giorni leggo sempre più spesso che le donne, un anno dopo il primo figlio, sono costrette o scelgono di lasciare l’impiego fisso perchè le condizioni non permettono di gestire tutto al meglio. Soprattutto senza aiuti famigliari. Io sono una di quelle donne che il posto fisso ce l’aveva, qui vi spiego perchè ho rinunciato e oggi sono felice.

Faccio una piccola premessa: il lavoro da libera professionista non è per tutte: bisogna essere tenaci, costanti e super flessibili, oltre che avere a disposizione un piccolo budget che consenta di non avere acqua alla gola, che consenta di poter aspettare (più del dovuto) il saldo del compenso, quando necessario.

Ci sono comunque momenti bui da sostenere: saldi che non arrivano, clienti che non arrivano, chiusura di collaborazioni etc…che in un’azienda sono vissute come fisiologiche ma che toccano relativamente chi ci lavora.

Io ho lasciato il posto fisso. Una prima volta, scaduto il contratto sono stata salutata e credo che molto sia dipeso anche dalla mia limitata disponibilità alla presenza in ufficio oltre orario standard. Oggi si preferisce una risorsa super disponibile e che viva vicino all’ufficio. Io non ero quella risorsa, dovevo fare i conti con quasi 4 ore di viaggio nonostante la relativa distanza. Io non ero quella risorsa perchè lasciavo il mio bambino alle 7 del mattino e non potevo chiedere a chi mi sosteneva di restare oltre le 20, senza pausa.

Insomma ho deciso io di mettere su famiglia e devo accettare le conseguenze.

Ho trovato lavoro più vicina a casa, molto più comoda ma tra compenso scarso e modalità di lavoro obsolete, nonostante colleghe meravigliose, ho preferito guardare al futuro e tirare un pò la cinghia. Dopo l’ennesima litigata dove i toni si sono alzati e il rispetto è stato calpestato: ho organizzato il mio scatolone e ho varcato la porta.

Senza il sostegno di mio marito tutto questo non sarebbe successo.

Oggi sono una libera professionista che non ha ancora raggiunto i propri obiettivi appieno ma che lavora ogni giorno per portarsi a casa un pezzetto in più.

Sono scoraggiata in alcuni momenti, non posso negarlo, ma non posso nemmeno dire che tornerei indietro.

Che non sia, l’Italia, un paese per mamme è noto a tutte ma non possiamo nemmeno permettere che ci rubino la vita. Quindi, io sono convinta che se si hanno dei progetti e si è pronte a sacrificarsi (tanto già lo facciamo) si possano fare due cose: capire se un part-time o alcune giornate di telelavoro sono contemplate oppure lasciare tutto per cominciare da zero con le proprie gambe.

Per la seconda ipotesi ci vuole un piano ben strutturato ma la flessibilità di aprirsi a soluzioni temporanee che ci permettano comunque di non perdere di vista l’obietttivo (più facile a dirsi che a farsi).

Io ho lasciato perchè avevo voglia di traghettare la mia professione nel futuro, a contatto con il digitale ma anche con un modus operandi che difficilmente oggi le aziende permettono d’imparare. Perchè la formazione è costosa e non sempre lo staff a disposizione è sufficiente a gestire l’assenza di chi si sta formando. Ma c’è anche la paura di formare risorse che useranno altrove quelle competenze e ci lasceranno con un costo sostenuto.

Io ho lasciato perchè mio figlio non mi riconosceva granchè come figura materna, era molto più legato alle persone con cui trascorreva oltre 10 ore.

Io ho lasciato perchè tra me e mio marito, ero io quella che poteva gestire il lavoro quasi ovunque.

Io ho lasciato perchè non volevo bene alla me stessa che vedevo allo specchio ogni mattina

Ma ci ho messo diversi anni a decidere e la maternità mi ha dato quel “click” che mi serviva.

A scanso di equivoci, per tutte le criticone che preferiscono guardare in casa altrui senza soppesare le parole e la propria situazione: avrei potuto spremere i nonni allo stremo, visto che ce li ho ma credo che questa cosa sia profondamente SBAGLIATA se i nonni devono SUBIRE la maternità altrui.

Secondo punto per le criticone: non ho detto che TUTTE debbano mollare il posto fisso, che sono una snob che può stare a casa etc…sto solo raccontando la mia versione della storia, per far sapere a chi ci sta pensando seriamente che una via d’uscita può esistere. Bisogna valutare con estrema razionalità.

Quello che posso suggerire però è di non rinunciare a lavorare totalmente, perchè i figli crescono e già quando cominciano l’asilo si hanno diverse ore libere. COLTIVARE SE STESSE è una chiave fondamentale che aiuta a stare bene in famiglia, nella coppia e con gli amici.

Se, invece, nella vita volete proprio fare solo le mamme questi discorsi valgono zero.

 

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Valeria Sartorio
Valeria Sartorio
FEMMINA CAUCASICA, PROFESSIONISTA PER LA COMUNICAZIONE & LE PI(ERRE), OFFRE GRATIS QUI STORIE A BASE DI ATTUALITÀ, NUOVI MEDIA E ANEDDOTI SEMISERI DI VITA VISSUTA.

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